“Nessun essere umano indifferente al cibo è degno di fiducia”

M. V. Montalbán


22 marzo 2012

Vegetarianismo: non solo una questione di etica, ma di ACQUA!

"La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali" - Gandhi

Chi sceglie di seguire un'alimentazione vegetariana lo fa per motivi etici e morali. Il più delle volte si tratta di una scelta ispirata alla nonviolenza, all'animalismo e al rispetto dei diritti animali.
Le ragioni etiche scaturiscono dal fatto che i vegetariani sostegnono la tesi secondo cui anche gli animali sono capaci di provare emozioni di gioia e dolore e che, per questo motivo, dovrebbero essere loro riconosciuti gli stessi diritti dell'uomo: diritti alla vita, alla libertà, al fatto di non essere torturati, uccisi e sfruttati per ricavarne cibo, o, come accade nelle corride, sfruttati per (un assurdo) diletto.

Se da un lato seguire un'alimentazione vegetariana rappresenta una questione di morale e di coscienza propria, da un altro forse non tutti sanno che non dovrebbe rappresentare solo questo. 

"Nulla darà la possibilità di sopravvivenza sulla terra quanto l'evoluzione verso una dieta vegetariana" - Einstein. 
Un'affermazione simile, dichiarata questa volta non da un filosofo religioso, dovrebbe farci riflettere ancora di più riguardo all'importanza del vegetarianismo, non solo da un punto di vista puramente etico, bensì ambientale e sociale.
Già negli anni '90 venne introdotto il concetto di IMPRONTA ECOLOGICA per misurare l'impatto dei nostri consumi sulla natura: l'impatto delle coltivazioni di cereali e di leguminose destinate all'alimentazione degli animali è fortissimo in termini di erosione del suolo e di altre forme di danneggiamento, mentre la continua ricerca di nuovi pascoli pesa in modo determinante sulle foreste e sugli habitat naturali. 
Ad oggi, secondo l'Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) il 36% di tutti i cereali prodotti al mondo viene impiegato per nutrire gli animali da carne e da latte, con differenze che vanno dal 4% in India, al 25% in Cina, al 65% negli Stati Uniti.
Inoltre, il rapporto 2004 del World Watch Institute riporta che il quantitativo di acqua utilizzata per l'irrigazione delle coltivazioni destinate al mangime per gli animali, quella necessaria per abbeverarli e quella impiegata per la pulizia delle stalle è enorme: per OGNI CHILOGRAMMO DI CARNE DI MANZO VENGONO CONSUMATI 108 METRI CUBI DI ACQUA. In altre parole, per renderci meglio conto, per produrre soli 5 kg di carne bovina serve tanta acqua quanta ne consuma una famiglia media in un anno. 
Gli allevamenti consumano una quantità d'acqua molto maggiore di quella necessaria per coltivare soia, cereali, o verdure per il consumo diretto umano.
Quasi la metà dell'acqua consumata negli Stati Uniti è destinata alle coltivazioni di alimenti per il bestiame e si stima che una vacca da latte beva 200 litri di acqua al giorno, 50 litri un bovino o un cavallo, 20 litri un maiale e circa 10 una pecora.
Inoltre, gli allevamenti sono strutture ecologicamente costose anche per la produzione di gas serra, dato che i ruminanti generano metano pari a un sesto delle emissioni globali. 
Il Living planet index è la media di tre indici che misurano i cambiamenti nelle foreste, nell’acqua e negli ecosistemi marini. Si nota chiaramente un netto peggioramento globale (37%), avvenuto tra il 1970 e il 2000, della situazione planetaria. 
L’Ecological footprint è la misura dell’utilizzo delle risorse naturali da parte dell’umanità. Si nota un aumento dell’80% tra il 1961 fino al 1990, ma il dato più preoccupante è la situazione attuale, che consuma risorse con una percentuale del 20% al disopra della capacità biologica della terra. Detto in altro modo, gli attuali consumi eccedono in maniera indiscutibile e grave le capacità di sopravvivenza del pianeta. E questa percentuale è in continuo aumento.


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